I NOSTRI PROGETTI

L’EDUCAZIONE DEL CAREGIVER / Modulo 4

Modulo 4 – Come gestire gli esiti: dimensione emozionale

Il disagio emotivo nel post-ictus
Il carico sul caregiver

DI LICIA DENTI

 

Oltre agli esiti nella sfera fisica e cognitiva, l’ictus cerebrale può avere conseguenze anche sulla sfera emotiva. Il disagio emotivo post-ictus nei pazienti ha un impatto importante sul futuro del paziente, essendo correlato con la scarsa aderenza alle cure, recupero più lento, mortalità più elevata e aumento del carico assistenziale. Le manifestazioni più frequenti del disagio emotivo appartengono a tre patologie:

  1. La depressione. I sintomi depressivi sono molto frequenti. Questi sintomi variano dal 5 al 54% nella fase acuta e rimangono presenti nel 23-25% dopo 6 mesi. I tassi di prevalenza diminuiscono nel corso del tempo, ma dopo 2 anni, è stata stimata una prevalenza di depressione maggiore pari al 20%.
  2. L’ansia. L’ansia è presente nel 19-23% dei casi, spesso insieme alla depressione e, nonostante quest’ultima riceva in genere maggiore attenzione nella pratica clinica, anche la componente ansiosa deve essere considerata nel processo di cura. Nel 20-29% dei casi vengono riportati anche sintomi da stress post-traumatico.
  3. La fatica psicologica. Un altro problema comune e debilitante ma anche meno visibile dopo l’ictus è la fatica psicologica, che presenta, secondo gli studi che l’hanno ricercata con strumenti rigorosi, una prevalenza che varia dal 25 all’85%. Nel post-ictus questo sintomo è un predittore indipendente della disabilità e del carico di cura e dovrebbe pertanto essere preso in considerazione quando si formulano gli obiettivi del trattamento riabilitativo. […].

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Modulo 4 – Come gestire gli esiti: dimensione emozionale

Il carico sul caregiver

DI GIULIANA NICO

“Era la normalità di tutte le cose che avevano preceduto il fatto, a impedirmi di credere veramente che fosse accaduto, a impedirmi di assorbirlo. Di incorporarlo, di superarlo. Oggi riconosco che non c’era nulla di straordinario in questo: davanti ad un disastro improvviso, tutti noi finiamo per notare com’erano irrilevanti le circostanze in cui è successo l’impensabile, il terso cielo blu da cui è caduto l’aereo, un giro in macchina che è finito in un fosso tra le fiamme, le altalene dove, come sempre, giocavano i bambini quando il serpente a sonagli è sbucato dall’edera” (J. Dion, 2006, pag. 8). Questo è uno dei primi pensieri con cui inizia il libro di Joan Dion, L’anno del pensiero magico, scritto qualche anno dopo che suo marito ebbe un improvviso infarto, mentre stavano facendo colazione.

Quando qualcuno che amiamo si ammala gravemente, si entra in uno stato di emergenza che sconvolge la vita. Non sono solo i comportamenti a cambiare: è come se in nostra assenza si fosse attivato un meccanismo scambiatore che fa deviare il nostro treno su un percorso completamente differente, a metà tra la magia dell’illusione, l’attivazione dell’emergenza e la verità del dolore che fatichiamo ad accettare. […].

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